MADRE & BAMBINO: UN LEGAME DECISIVO PER LA VITA
MADRE & BAMBINO:
UN LEGAME DECISIVO PER LA VITA
Un bambino nasce in modo biologicamente predisposto ad entrare in contatto con il mondo esterno. In effetti, nel momento in cui nasce è per la prima volta esposto a stimoli del tutto nuovi che impara a conoscere attraverso gli occhi del “caregiver”. Si definisce caregiver colui o colei si occupi costantemente della cura del neonato a livello fisico, emotivo ed affettivo. La qualità della cura e del contenimento affettivo offerta dall’adulto di riferimento nei primi anni di vita influisce, secondo numerosi studi scientifici, in modo significativo e decisivo sullo sviluppo emotivo e neuropsicologico dell’infante e sullo sviluppo della personalità dell’adulto che diverrà.
Il tipo di genitore che siamo quanto influisce, dunque, sui nostri figli?
La risposta a questa domanda è stata ampiamente individuata all’interno di uno dei riferimenti teorici pilastro della psicologia dello sviluppo (branca della psicologia che studia lo sviluppo evolutivo nelle prime fasi della vita), ossia nella “Teoria di attaccamento”, concettualizzata da Bowlby nel 1969.
Una premessa importante alla base di un ottimale sviluppo psico-fisico del bambino condiviso non solo dagli studiosi della psicologia dello sviluppo, ma anche da studiosi aderenti ad altre prospettive teoriche, consiste nel sostenere che i primi scambi comunicativi, avvenenti durante l’interazione vis-à-vis tra madre e bambino, sono la base della costruzione di un legame affettivo-emotivo da cui deriva la rappresentazione che il bambino ha di se stesso e di sé all’interno delle relazioni affettive future.
Il legame che inevitabilmente viene a crearsi tra il caregiver di riferimento, spesso indicato nella figura della madre, ha alla base comportamenti innati aventi funzioni adattative attraverso i quali il bambino ricercherà la prossimità di una figura adulta, al fine di essere protetto da eventuali pericoli del mondo circostante ed apprendere modalità che gli consentano di acquisire esperienza in vista del futuro. In tal senso il legame di attaccamento instauratosi con la madre riveste sia una funzione biologica, in quanto gli permette la sopravvivenza in un contesto ricco di stimoli a lui sconosciuti, e soprattutto una funzione psicologica: la vicinanza fisica ed emotiva della madre infonde un senso di sicurezza nel piccolo che poi verrà interiorizzata. La creazione di tale legame, riconducibile al primo anno di vita del bambino, appare maggiormente a carico delle caratteristiche del caregiver, in particolare la sensibilità e la responsività dell’adulto, intesa come capacità di cogliere e rispondere alle richieste e ai bisogni la disponibilità dell’adulto nel cogliere i bisogni, non solo fisici, ma anche emotivi di un piccolo esserino. Ciò consente al genitore di essere una base sicura dalla quale il bambino può sganciarsi per allontanarsi nei momenti di esplorazione del mondo esterno in totale tranquillità ed alla quale ricorrere negli istanti in cui avverta pericoli o paure, dalle quali essere rassicurato. Questa tipologia di attaccamento viene definita “sicura”, indicando un tipo di legame che fornisce una buona organizzazione alla struttura emotiva ed affettiva del bambino. Esistono inoltre tipologie di attaccamento disorganizzate/insicure che rispecchiano la qualità delle cure parentali:
- Insicuro-evitante: legame all’interno del quale il genitore si mostra invadente nelle attività svolte dal bambino, totalmente indisponibile nel contenere emotivamente il bambino, per cui questo ultimo imparerà ad essere evitante nelle relazioni e a non essere in contatto con l’espressione delle proprie emozioni;
- Insicuro-ambivalente: il genitore è poco sintonizzato sulle richieste emotive e di protezione del piccolo e mostra la propria disponibilità in modo discontinuo ed incostante, di conseguenza il bambino ne desidererà la presenza, ma contemporaneamente rifiutandone la vicinanza.
Per quale motivo appare fondamentale nella vita di ognuno di noi la qualità dell’attaccamento instaurato con le figure fondamentali?
Il legame di attaccamento del bambino con il caregiver si viene a creare a partire dai primi scambi interattivi di natura emotiva vis-à-vis, ossia ad una distanza molto ravvicinata di circa 20 cm tra un volto e l’altro, co-creati da entrambi in cui ciascun partner coordina e regola inconsapevolmente lo stato interno dell’altro.
Nella relazione con il caregiver il bambino si rispecchia, dunque essa rappresenta un contesto primitivo e di primaria importanza per lo sviluppo della regolazione delle emozioni: da una regolazione diadica, avvenente cioè nella diade madre-bambino, si passa ad una autoregolazione per cui la relazione diadica diviene promotrice di alcune fondamenta della struttura di personalità del bambino che con il tempo evolverà, quali autostima, fiducia in se stessi, resilienza e strategie di coping da attuare in situazioni particolarmente stressanti , al fine di fronteggiarle al meglio. Un legame di tipo sicuro consentirà, inoltre, uno sviluppo ottimale delle aree neurali del cervello destro. È nella relazione diadica con il caregiver, infatti, che il bambino, secondo lo scienziato Shore, impara ad attivare stati ed emozioni sia positivi sia negativi e a regolarne l’intensità. Le emozioni positive generano, di conseguenza, alti livelli di dopamina, ossia una sostanza responsabile di processi che identifichiamo comunemente nello “star bene”, che allo stesso tempo favorisce uno sviluppo evolutivo ottimale di alcune aree della corteccia cerebrale. Al contrario, stati di attivazione perennemente negativi, offerti da un legame di attaccamento disorganizzato, promuovono emozioni negative che intralciano lo sviluppo di aree limbiche corticali. Uno stile di attaccamento ottimale dovrà, infatti, contenere momenti di attivazione positiva per il bambino senza escludere quelli negativi, i quali consentiranno al bambino di sperimentare anche le emozioni negative in maniera moderata, al fine di giungere al momento della riparazione della rottura creata.
Nel concreto, quindi, è anche giusto dire qualche “No” ai nostri figli che provochino reazioni di pianto, di rabbia o delusione comunicando loro il motivo per cui quel no è stato pronunciato, ricompattando la relazione, facendo così trasparire stati affettivi positivi.
Dott.ssa Anna Di Gioia, psicologa clinica e terapista ABA
Dott.ssa Annalisa Giammatteo, psicologa dell'età evolutiva
-ArePsy-
Bibliografia:
"Psicologia dello sviluppo", H.Rudolph Shaffer, 2005;
"Psicopatologia nell’arco di vita"(Cap.3), Paola Benvenuti, 2008;
"Psicologia dello sviluppo emotivo" (Cap.2), Ilaria Grazzani, 2014;
"Le origini dell’attaccamento", (Cap. 1), Beatrice Beebe e Frank M.Lachmann, 2015.


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