PSICOLOGIA NEL SOCIALE: Cosa significa lavorare nel sociale e chi sono gli utenti interessati
PSICOLOGIA NEL SOCIALE:
Cosa significa lavorare nel sociale e chi sono gli utenti interessati
Lavorare per il sociale significa erogare prestazioni e servizi che rispondano al grado di esigenza dell'utenza. In altre parole, rispondere ai bisogni e alla tipologia di richiesta d'aiuto della comunità interessata.
Nel caso della psicologia che lavora nel sociale, si riferisce a professionisti del settore che esercitano presso strutture accoglienti le categorie fragili.
Le categorie fragili sono tutte quelle persone a cui è stata negata più di una possibilità di qualità di vita migliore. Nel complesso, partendo che la perfezione non esiste, anche lo stato di salute, benessere psicofisico, mentale, sociale ed economico, non è mai completamente raggiunto ma si può lavorare affinché ci si avvicini, quello che si fa quando si lavora con le categorie fragili è donar loro una seconda possibilità che dalla vita è stata negata. Pensiamo a bambini, adolescenti e famiglie che vivono dinamiche familiari e sociali molto distruttive, o anche a famiglie con a carico un disabile.
LA SITUAZIONE SUL TERRITORIO
Partendo dai dati anagrafici registrati, il nostro territorio Pugliese si ritrova in una realtà spaccata: da una parte il decremento della natività e dall’altro l’aumento del flusso migratorio. Come mai la natività sta subendo una flessione così pregnante? Lo status socio economico di molte famiglie è in difficoltà a causa della crisi economica che affligge il nostro paese. Accade che per famiglie che vivono in condizioni discrete sussistono già delle difficoltà per arrivare a fine mese, le spese che si affrontano sono tante ed anche la crescita di un figlio diventa rappresentanza di “peso economico”.
FAMIGLIE E DISABILITA'
Quando parliamo di famiglie con a carico figli aventi disabilità, ci addentriamo in un aspetto al quanto delicato. In genere allargare il sistema familiare implica comunque una progettazione emotiva, sociale ed economia. Il sistema familiare si modifica e incorre verso un cambiamento che implica un nuovo adattamento. Cosa succede quando il progetto di vita non va come pianificato? Il processo di adattamento è ancor più arduo, le emozioni, i pensieri e le sensazioni si fanno contrastanti, ma poi la spintala si ritrova verso quell'amore incondizionato che solo un genitore può provare verso il proprio figlio. Pertanto bisognerà apprendere nuove strategie di coping per fronteggiare una situazione simile: riorganizzazione emotiva ed anche economica, in quanto da lì parte l'intero percorso riabilitativo del proprio figlio. Bisognerà apprendere nuove modalità educative e strategie di insegnamento, e questo è possibile solo se seguiti da una équipe preparata, attenta e vicina emotivamente alla famiglia.
FAMIGLIE FRAMMENTATE
Scendendo ancor più affondo, possiamo immaginare cosa accade per quelle famiglie che vivono in condizioni poco agiate. Parliamo di quelle famiglie che per sopravvivere utilizzano l’unica via che hanno conosciuto: la criminalità, la trascuratezza e tante altre tipologie di vita poco sane.
Queste si ripropongo puntualmente nella generazione successiva finché tale catena non ne viene interrotta. I bambini di queste famiglie sono quelli a più alto rischio di fenomeni quali:
- aumento della dispersione scolastica;
- comportamenti oppositivi-provocatori;
- criminalità;
- abusi ecc.
Ed è per questo che è opportuno rafforzare le risorse territoriali sociali disponibili ad intervenire ed accogliere realtà così fragili. Le risorse sociali hanno un ruolo cruciale in questo, poiché da un parte si prepongono l’obiettivo di sostenere persone con storie traumatiche, proteggendole da ulteriori traumi e bloccando quell’ascesa a spirale verso il fondo, dando attraverso il loro sostegno le giuste risorse per far conoscere che un’alternativa alla vita c’è nonostante le difficoltà non manchino.
Dall’altra poter essere sempre da ponte con le proprie radici: la famiglia. Non è possibile estirpare le radici di tali persone, in quanto essi sono il prodotto della loro storia di vita andandone a costituire le loro identità e le persone che ne è oggi. In altri termini, le risorse sociali fungono da protezione ma al tempo stesso da ponte e risorsa per lavorare all’ottenimento di un territorio che si fondi sul "ben-essere": stare bene in primis con sé stessi.
Quando poi gli utenti sono i minori la questione si complica. Con il minore tali processi sono più delicati da attualizzare perché subentrano in gioco molti processi. Il minore riconosce i suoi caregivers come punti di riferimento e pertanto considera che tutto ciò che fanno sia giusto. Quando viene staccato dalla sua famiglia o parte di essa, subentra un senso di impotenza, colpevolizzazione, di dispersione, di frammentazione ed odio che si contrappone al bisogno di amore ed affetto. Il bambino non deve essere vissuto come “un peso”, non necessita solo di cure primarie (nutrizione ed igiene) che inglobano l’aspetto economico, ma il bambino merita di essere nutrito anche affettivamente, se questa componente manca si otterrà un adulto disperso nella società e che si arrampicherà ad essa ricercando l’esperienza emotive per vie traverse (un esempio è la dipendenza).
Ed ecco l’importanza delle risorse sociali nel territorio: tutti coloro che sono impegnati nel sociale lavorano ogni giorno, costantemente a garantire una seconda possibilità di vita di quel bambino, educando non solo alle autonomie e alla sviluppo di capacità intellettive ma anche affettive, per questo è importante promuovere attività ludiche che mirino ad abbracciare tutti questi aspetti, oppure costruire progetti di intervento, in sinergia con altri enti, a rispondere alle carenze del minore e del suo nucleo di appartenenza.
IL FLUSSO MIGRATORIO
Quando l’intervento è mirato a minori stranieri in cui la complessità e la lentezza burocratica ne ostacolano gli obiettivi prefissati, il percorso è ancor più tortuoso. Qui non c’è da mettere in pratica solo un lavoro di integrazione e regolazione emotiva educando all’affettività, ma anche di lavorare all’integrazione sociale e costruire solide basi per restarci, dando quegli ammortizzatori necessari per fronteggiare il pregiudizio che ancora oggi è molto diffuso. Il lavoro di integrazione è complesso poiché bisogna fornire le basi e strumenti relativi al territorio in cui si vive rispettando la sua cultura. Parliamo di minori che sono stati strappati dalla loro terra natia e in alcuni casi anche dalla loro famiglia, il processo di accoglienza è ancor più complesso.


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