25 NOVEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
25 NOVEMBRE:
GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
VIOLENZA: RIFUGIO DEI DEBOLI
La scarpetta rossa, di qualsiasi tipologia essa sia, è simbolo di lotta contro tutte le prevaricazioni ed i soprusi attuati nei riguardi dell’essere umano simbolo della vita e l’assurdità è insita proprio in questo: la donna, che accoglie nel suo grembo la vita, che fa del suo corpo una comoda casa, del suo sangue un nutrimento, della sua voce una soave melodia, dei suoi occhi la luce di un faro sempre attenta a vegliare, della sua bocca teneri baci e delle sue mani attenzioni costanti attraverso coperte rimboccate e pasti cucinati, del suo sonno infinite notti insonni e dei suoi piedi un’impalcatura per sorreggere, un essere umano dalla struttura così forte viene poi considerato fragile, deriso, schernito, umiliato e spesso percosso fino ad essere ucciso. Alla luce di questa analisi filantropica, la violenza psicologica, verbale e fisica perpetrata, dovrebbe essere concepita come una vergogna, o meglio dovrebbe essere un qualcosa di non concepibile affatto. Nel momento in cui si sta facendo tutto ciò, ci si dovrebbe chiedere se sia giusto usare la violenza su colei che sacrifica le sue viscere e sposta un pò più in la il suo cuore per far spazio al Miracolo della Vita; ci si dovrebbe chiedere se sia giusto considerare questa creatura il “sesso debole”, se sia corretto vessare il genere femminile perfino in ambito lavorativo. La violenza, infatti, non è solo picchiare, offendere e denigrare, ma è riscontrabile anche in domande scomode ad un colloquio di lavoro, quali “è in procinto di rimanere incinta? Ha per caso intenzione di diventare madre? Ah, pechè nel caso non siamo interessati ad assumerla!”, perché nel mondo del lavoro attuale sembrerebbe normale che una donna per ottenere un lavoro debba essere disposta a sacrificare il proprio istinto materno, rinunciare alla maternità in favore della carriera, al fine di scalare le vette e giunta ai vertici accorgersi di essere subordinata al cosiddetto “Sesso Forte”. Nel 2021 ancora si odono affermazioni del tipo “una donna potrà mai essere un valido manager dirigenziale!” “ Una donna non è in grado di essere un medico affermato!” “Il mestiere della donna è quello di segretaria del suo capo”; queste sono solo alcune degli stereotipi orrore ascoltati sul genere femminile, ma inviterei i lettori a riflettere sulla forza, intelligenza, sensibilità, competenza e capacità delle donne che sono esattamente pari a quelle dell’uomo. Attualmente viviamo nel progresso, nell’era della digitalizzazione per eccellenza, ma la società odierna è davvero così evoluta e pronta ad avere una forma mentis aperta sulla base della quale pensare che la donna goda degli stessi diritti dell’uomo? Per far si che questo si concretizzi, occorre esercitare un intervento a monte, ossia fornire una educazione adeguata e funzionale a coloro che risiedono alla base della piramide sociale, ossia i bambini. Pertanto urge insegnare ai nostri figli e alle nuove generazioni a rispettare, ad abbracciare il concetto di uguaglianza, a non discriminare, a regolare in maniera funzionale le proprie emozioni ed alle nostre figlie insegnare che una donna è un essere pensante in grado di compiere le proprie scelte in modo del tutto autonomo. La giornata contro la violenza sulla donna si fa quindi portavoce di una tragica realtà passata e contemporanea, ma si spera non futura, perché menti adeguatamente educate non si avvalgono della violenza, la quale è rifugio dei deboli!
La violenza contro le donne è infatti, attualmente, ancora una realtà diffusa e da combattere, soprattutto se pensiamo a tutte quelle declinazioni della violenza che non si possono vedere a occhio nudo: oltre la violenza fisica e sessuale, parliamo di violenza contro le donne anche di fronte alla violenza psicologica, allo stalking, alla violenza economica, alla violenza verbale, alla violenza assistita.
Ciò che rende increduli, però, è che tale diffusione, seppur in presenza di una legislazione man mano più attenta, spesso viene facilitata dalla stessa o dalla leggerezza di chi accoglie le denunce (si pensi al recentissimo e sconvolgente fatto di cronaca di Sassuolo): lascia sbigottiti l’intralcio burocratico che queste donne possono incontrare anche di fronte alla coraggiosissima e difficilissima scelta di denunciare, scelta che spesso viene scoraggiata proprio dalla paura di intoppi che possono, in alcuni casi, determinare la vita o la morte di una donna. Le falle nel sistema e nel percorso istituzionale che una donna segue per liberarsi da contesti vessatori e spirali di violenza sono ancora tante purtroppo. Basti pensare al fatto che due giorni fa, 22 novembre 2021, al discorso fatto dalla prof.ssa Elena Bonetti (Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia) presso la Camera dei Deputati, i deputati presenti erano SOLO 8. Lo sdegno è stato espresso dal deputato del Partito Democratico Filippo Sensi, il quale ha affermato “Le donne devono essere libere di poter denunciare e sapere che c’è uno Stato che accoglie le loro richieste d’aiuto e le protegge”.
È necessario, dunque, un maggior ascolto e una maggior prevenzione, soprattutto di fronte al dato secondo cui le denunce e le richieste di aiuto sono maggiori rispetto al passato. E questo coraggio non va ucciso.
Esiste, però, anche un’ulteriore declinazione della violenza contro le donne, di cui si parla ancora troppo poco anche se subita da un milione di donne: la violenza ostetrica, un abuso che colpisce le donne in uno dei momenti più delicati per molte di loro, quello del parto. In particolare, è solo a partire dal 2016, quando è scoppiata la campagna social #bastatacere e di conseguenza è nato l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia (OVOItalia), che moltissime donne italiane hanno iniziato a raccontare dei maltrattamenti subiti dal personale medico durante il travaglio e il parto: insulti, pratiche mediche eseguite senza previo consenso, trattamenti brutali sconsigliati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, interventi senza anestesia e molto altro. In questa declinazione della violenza il problema principale è dato dalla convinzione che il parto sia un evento che richiede sofferenza da parte delle donne, elemento che porta alla 'normalizzazione' dell’abuso: questo particolare tipo di violenza di genere, tuttavia, è entrato gradualmente nell’agenda politica internazionale fino a venire inserito ufficialmente tra le violazioni dei diritti umani in quanto, come definito nella Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia del Venezuela redatta nel 2007, essa è una vera e propria "appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in un trattamento disumano"; un abuso che comporta conseguenze non solo a livello fisico, ma anche a livello psicologico e all’interno della relazione madre-bambino; un abuso di cui però, a causa della suddetta normalizzazione, la maggior parte delle donne non è consapevole.
A tal proposito, Ermal Meta, nel brano “Vietato Morire” dice:
“RICORDA CHE L’AMORE NON È VIOLENZA. RICORDA DI DISUBBIDIRE. E RICORDA CHE È VIETATO MORIRE, VIETATO MORIRE”.
Un messaggio d’amore e di coraggio, PER TUTTE LE DONNE.
I DIVERSI TIPI DI VIOLENZA
Il termine violenza significa utilizzare una forza brutale ed aggressiva, al fine di intimidire il prossimo e andando a ledere la persona. La violenza non è solo un atto comportamentale espletato, ma può anche manifestarsi in maniera più subdola indiretta. Vediamo i diversi tipi di violenza perpetrati sulle donne:
- Violenza fisica: utilizzare la forza fisica sulla donna, tale da procurargli delle lesioni di ogni grado (ad esempio: schiaffi, pugni, calci, spintoni, strattonare);
- Violenza psicologica: questa è la più insidiosa e pericolosa, in quanto implica utilizzare delle offese e intimidazioni per opprimere la libertà di pensiero ed espressione della donna, al fine di intimidirla e sottometterla alle volontà del carnefice stesso. Alcune frasi di riferimento sono: “ma cosa devi fare tu che non sei capace”, oppure “guarda quella è una bella donna, non come te sempre vestita di stracci e trascurata”, “sei una poco di buono non dovevi salutare quell’uomo!”
- Violenza economica: il carnefice nel delirio di possesso della donna, cerca di farla sua anche in tutto ciò che di materiale gli appartiene, incluso il conto corrente. Il carnefice risucchia il conto in banca della donna e lo utilizza per propri fini. In alcuni casi per rafforzare il meccanismo di controllo sulla stessa la spinge a lasciare la propria carriera, soprattutto se questa implica relazionarsi con colleghi di sesso maschile, il compromesso che potrebbe raggiungere è di lavorare in un settore prettamente femminile non perché ci tenga che la propria compagna abbia una posizione lavorativa, ma per una doppia entrata economica.
A tal proposito, chiariti questi aspetti, è opportuno indicare delle particolari frasi che ricorrono nei carnefici e che sono campanelli di allarme sia prima di entrare in relazione con gli stessi e sia quando ormai si è dentro il circolo vizioso:
- “tu non mi ami, mi hai tradito! Perché stavi parlando con quell’uomo?”, sapete benissimo voi stesse che è un amico o collega, non giustificate!
- “non sei capace di far nulla! Cos'è questo schifo di minestra che mi hai preparato!”, siete solo stanche ed avete gettato un pizzico di sale in più, un uomo vero vi direbbe “amore è buonissima” ed inoltre vi aiuterebbe in casa;
- “perché mi fai questo? Non lo vedi che sto male per colpa tua! Ora mi tolgo la vita”, occhio a queste parole, sta facendo leva sul vostro senso di colpa ed empatia per intenerirvi e cedere. Così facendo cedete al ricatto e siete mosse da un estremo schema di autosacrificio;
- “ti metterò un bambino” qui si evince il senso di possessione massima della donna, in quanto metterla incinta significherebbe “segnare il territorio” sul vostro stesso corpo. Al contrario la scelta di avere un figlio deve essere consapevole, condivisa, concepita.
ASSOCIAZIONI, NUMERI E RICHIESTA DI AIUTO: COME FARE
In primis il numero più semplice ed accessibile è il 1522. E’ importante salvare questi numeri in rubrica con il nome di un’amica, supermercato, pizzeria, di modo tale che quando il telefono viene controllato possa non destare sospetti.
Altra grande associazione a cui rivolgersi è Difesa Donna, il numero di telefono è il seguente: +390226265246
Oppure contattare la nostra pagina sia privatamente o al numero richiesto, di modo tale da fornire un aiuto diretto.
IMPORTANTE: Salvare il numero con un nome che non desti sospetto e utilizzare sia in chiamata o per messaggi un testo in codice. Un esempio è il far finta di voler ordinare una pizza, orario chiusura/ apertura di un negozio. Tra donne ci si intende.
-AreaPsy-
Bibliografia:
https://www.elle.com/it/magazine/women-in-society/a34755915/violenza-ostetrica-sulle-donne-cos-e/
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