Correva l’anno 1992 quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) istituiva la giornata della disabilità nella data del 3 dicembre. Essa scelse di attribuire risonanza alla tematica della disabilità, dedicandole per l’appunto una giornata, con lo scopo di porre l’accento sulla maggiore garanzia dei DIRITTI delle persone disabili, ma ancor prima con lo scopo di sensibilizzare la coscienza cittadina all’acquisizione di una pronunciata consapevolezza nei riguardi delle evidenti problematiche riscontrate da persone affette da disabilità.
Già precedentemente, nel 1976, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva proclamato il 1981 “Anno internazionale delle persone disabili”, volto alla definizione da parte di tutti i paesi membri di un piano nazionale, regionale ed internazionale, focalizzato sulle pari opportunità, la riabilitazione e la prevenzione delle disabilità. Tale Anno Internazionale delle Persone Disabili, dunque, veniva titolato “Piena partecipazione ed uguaglianza”, facente riferimento al diritto delle persone con disabilità a partecipare attivamente alla vita e alla evoluzione della società in cui vivono, a godere di condizioni di vita uguali a quelle degli altri cittadini ed avere la stessa possibilità di miglioramento delle proprie condizioni attribuita allo sviluppo socioeconomico.
LA DISABILITA': LA STORIA DELLA SUA DEFINIZIONE
La Costituzione italiana è la principale fonte legislativa che garantisce, senza nessuna discriminazione, i diritti fondamentali di ogni individuo, cittadino della Repubblica. Nella “nostra” Carta costituzionale, il fondamento ultimo di ogni disposizione è rappresentato dalla persona umana, considerata libera e tendenzialmente eguale, nonché titolare di diritti inviolabili. È stato infatti dedicato un intero articolo ai soggetti disabili nel quale è stato specificato che l’Unione Europea riconosce e rispetta il diritto dei disabili a beneficiare di misure utili per garantire l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita comunitaria (art. 26).

La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) afferma che ogni persona è titolare di diritti in quanto essere umano, indipendentemente dalle sue caratteristiche e condizioni”, a fondamento proprio di quello spirito di solidarietà di cui la nostra Costituzione è portavoce. A rafforzamento della protezione dei soggetti di cui si sta trattando, l’art.3, afferma che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione alcuna”. A tal proposito, di fondamentale importanza è il tema delle pari opportunità, processo mediante il quale i vari sistemi della società e l’ambiente circostante, cioè i servizi, le attività e l’informazione sono a disposizione di tutti ed in particolare delle persone con disabilità. Nonostante questa definizione, espressamente riportata nelle “regole standard delle pari opportunità delle persone con disabilità” del 20/12/1993, le persone con disabilità continuano a non avere le stesse opportunità degli altri e ad essere oggetto di discriminazioni dirette (molto spesso, infatti, vengono discriminate sulla base della loro disabilità) e indirette (le persone tendono a trovarsi in situazioni svantaggiate che precludono il soddisfacimento di un loro bisogno). In una società inclusiva che, ad oggi, garantisce a tutti pari opportunità, i loro bisogni sono previsti nelle politiche e negli interventi pensati per tutti, e non rischiano l’invisibilità, che purtroppo spesso le caratterizza. Dunque, le persone con disabilità sono e devono essere cittadini visibili!
INTEGRAZIONE ED INCLUSIONE
Anche il Papa, nel Messaggio per la Giornata mondiale delle persone con disabilità dell’anno 2019, ha affermato: “In questi anni, verso i disabili, si sono messi in atto e portati avanti processi inclusivi, ma non è ancora sufficiente, perché i pregiudizi producono, oltre alle barriere fisiche, anche limiti all’accesso all’educazione per tutti, all’occupazione e alla partecipazione”. Dunque, è alla vera e propria inclusione che deve mirare una società civile ed evoluta.
C’è una differenza fondamentale, infatti, tra INTEGRAZIONE e INCLUSIONE:
- L’integrazione si propone il reperimento di risorse per consentire il raggiungimento di risultati nell’ambito dell’autonomia, socializzazione, comunicazione; l’integrazione è una situazione; ha un approccio compensatorio e guarda al singolo, nel senso che prima interviene sul soggetto diversamente abile e poi sul contesto, incrementando una risposta specialistica.
- L’inclusione si pone l’obiettivo del superamento delle barriere alla partecipazione e all’apprendimento; l’inclusione è un processo, che si riferisce alla globalità delle sfere educativa, sociale e politica. Guarda a tutti, indistintamente, e a tutte le loro potenzialità. Interviene prima sul contesto, poi sul soggetto, trasformando la risposta specialistica in ordinaria.
Ad oggi, purtroppo, nonostante i miglioramenti avuti nel tempo, siamo ancora fermi all’integrazione; e questo, ovviamente, si riversa anche nell’ambiente scuola. Ciò perché includere è ben più complesso che integrare: l’inclusione, infatti, comincia da un cambiamento culturale interno, è un processo continuo e quotidiano; un cambiamento che inizia da ciò che si può fare partendo da ciò che abbiamo, dalla valorizzazione delle risorse presenti, dalla collaborazione tra persone con ruoli diversi ma con obiettivi condivisi. Non basta integrare le diversità!

Fino a qualche decennio fa si parlava solo di “inserimento” degli alunni diversamente abili nella scuola comune. Questo termine fa riferimento ad un processo additivo, in base al quale si “aggiunge” un soggetto in più ad un gruppo, con il sottinteso intento di fare in modo che questi riesca in qualche modo a adattarsi al “funzionamento” del resto del gruppo. Questa filosofia ha portato, per molto tempo, a identificare in una presunta “socializzazione” l’obiettivo fondamentale, se non addirittura esclusivo, della presenza dei “diversi” in classe: “L’alunno non ha imparato, ma ha socializzato” e tanto basta. L’integrazione, invece, presuppone il fatto che l’alunno “diverso” guadagni qualcosa nel contesto dei “normali”, ma a sua volta anche i compagni abbiano qualcosa da ricevere. E, in effetti, il contatto con un coetaneo caratterizzato da un diverso funzionamento impegna i compagni in uno sforzo cognitivo ed empatico altamente stimolante da diversi punti di vista, sicuramente arricchente. Ma una scuola che non confonde più l’integrazione con l’inclusione capisce che quest’ultima non va vista come un modo di “normalizzare” il diverso, ma principalmente come un modo per ripensare gli ambienti di apprendimento e renderli più fruibili per quella stessa “normalità” per cui sono stati concepiti: un ambiente di apprendimento inclusivo si fonda su un’idea dell’apprendimento che porta ad una costruzione attiva e creativa delle proprie competenze, che sappia integrare e potenziare tutti i linguaggi, anche quelli diversi, in cui ci sia collaborazione e cooperazione, che riesca a promuovere il benessere di tutti.
COSA SAREBBE OPPORTUNO FARE
Occorre fare spazio alla ricchezza della differenza, adeguando, di volta in volta, gli ambienti e la prassi, in base ad ogni specifica singolarità; occorre un pensiero costruttivo e condiviso tra i diversi attori all’interno dei contesti scolastici, che determini la creazione di ambienti accoglienti e facilitanti le diversità, attraverso strategie educativo/didattiche che possano contribuire fortemente allo sviluppo e alla crescita cognitiva e psicosociale dei ragazzi in situazioni di difficoltà; occorre rivedere i punti di vista e il consueto operare nella relazione con gli alunni.
Per fare tutto ciò, però, servono competenze diffuse in tutti gli attori coinvolti, formazione continua, dialogo efficace con le famiglie e con il territorio.
Non bisogna mai dimenticare, infatti, che è all’interno della scuola, oltre che all’interno della famiglia, che si gettano le basi e si costruiscono le fondamenta dei futuri adulti che costituiranno la società che vorremmo e che oggi, purtroppo, ancora, non riusciamo a realizzare.
Dott.ssa Chiara Carosella, psicologa dell'età evolutiva e terapista ABA
Dott.ssa Anna Di Gioia, psicologa clinica e terapista ABA
Dott.ssa Maria Elena Losito, pedagogista familiare
-AreaPsy-
Bibliografia
Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), Conoscere La disabilità, 2019
EDSCUOLA, GIORNATA DELLA DISABILITA’, 2019
Curto N., Marchisio C.M., (2020). "I diritti delle persone con disabilità. Percorsi di attuazione della convenzione ONU". Carocci ed.
Borgnolo, G., et al. (a cura di), ICF e Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. "Nuove prospettive per l’inclusione", Erikson, Trento 2009
O.M.S. - ORGANIZZAZIONE MONIALE DELLA SANITÀ, 2004. ICF
https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf
https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/file/DICHIARAZIONE_diritti_umani_4lingue.pdf<
https://www.laboratorioapprendimento.com/autismo/integrazione-o-inclusione-che-differenza-ce/
https://www.laessetv.it/2020/10/04/integrazione-e-inclusione-quale-differenza-nellambiente-di-apprendimento/#:~:text=L'integrazione%20si%20propone%20l,alla%20partecipazione%20e%20all'apprendimento.
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