15 MARZO "FIOCCHETTO LILLA": I DCA COSA SONO, COME SI MANIFESTANO, INTERVENTI

 15 MARZO "FIOCCHETTO LILLA": I DCA COSA SONO, COME SI MANIFESTANO, INTERVENTI 

Secondo il DSM V i disturbi del comportamento sono definiti come disturbi della nutrizione e alimentazione caratterizzati da comportamenti inerenti all’alimentazione che se persistenti determinano l’alterazione del benessere psichico, fisico e sociale del soggetto. 



Attualmente il DSM ( il manuale diagnostico dei disturbi mentali) descrive tre categorie dei disturbi alimentari: 

  1.  Anoressia Nervosa (AN) 
  2. Bulimia Nervosa (BN) 
  3. Disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati (sigla italiana DANAS; sigla inglese EDNOS).




L’obesità, seppur include condotte alimentari scorrette, non rientra nella categoria dei disturbi del comportamento alimentare. 

Ognuno di questi disturbi può manifestarsi in tre entità:

  • Lieve;
  • Moderato; 
  • Grave. 

L’indice che ne va a determinare la sua criticità è il calcolo del BMI (body massive index). In base ad alcuni range stabiliti, il risultato emergente permette di categorizzarlo in uno dei tre parametri. 
Studi recenti hanno dimostrato che i disturbi del comportamento alimentare sono determinati dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Entrambi possono essere sia protettivi che rischiosi ed è proprio il concatenamento tra di essi che determina la complessità del disturbo. Cerchiamo di capire con un esempio pratico cosa si intende. 
Per comprendere meglio quanto detto, facciamo un esempio inerente al peso che ne è comunque legato alle conseguenze del comportamento alimentare.



Il peso è un tratto complesso, che è regolato da diversi geni: quelli che controllano il metabolismo, quelli che regolano il senso di fame e sazietà ecc…. Se ad esempio abbiamo 10 geni che controllano il peso e di questi 8 hanno una regolare attività, mentre gli altri 2 no, in questo caso il background genetico è protettivo perché diminuisce la suscettibilità alle variazioni di peso a parità di condizioni ambientali sfavorevoli. Mentre se dei 10 geni 6 hanno una attività genica anomala e , invece, 4 hanno attività normale, questo porterà il soggetto ad avere un endofenotipo più suscettibile alle variazioni di peso a parità di impatto di fattori ambientali rischiosi, in quanto il background genetico è più disfunzionale. Pressoché, il background genetico di un individuo resta immutabile nel corso di vita, mentre ciò che cambia è la conduzione dello stile di vita. 
Ad esempio, una persona con una variabilità genetica che lo porta ad avere una suscettibilità all’aumento di peso, in carenza di di fattori ambientali protettivi come, ingestione di cibi altamente ricchi di grassi e ipercalorici, carenza di attività fisica, tenderà ad aumentare di peso e sempre più ad avvicinarsi verso l’obesità. Se, al contrario, conduce uno stile di vita sano, ciò è probabile che non accada. Cosa succede per i soggetti che hanno un background genetico suscettibile all’anoressia? Cosa accadrebbe in una situazione diametralmente opposta? Il ragionamento non varia. Una ragazza che ha una variabilità genetica tendente al sottopeso, qualora si presentassero condizioni ambientali avverse come, ritiro sociale, una madre assente, scarsa autostima di sé, distanziamento dal mondo emotivo, eventi di vita traumatici come un abuso sessuale, indurranno a far sviluppare nel tempo l’anoressia. Nel caso in cui la stessa ragazza vivrebbe in un contesto ambientale supportivo, positivo e sicuro, l’anoressia non si potrebbe manifestare. 

ASPETTI PSICOLOGICI 

Tali disturbi psico-fisici emergono perlopiù nell’arco dell’ adolescenza, fase della vita in cui si ricerca la propria identità individuale e di genere, un vero e proprio snodo evolutivo in cui il confronto tra un ideale di perfezione non collima con un’immagine di sé evidentemente imperfetta ed insoddisfacente. Dunque entra in gioco un fattore psicologico importante, ossia la percezione corporea che, sulla base di modelli a cui siamo continuamente esposti sui social-media, ambisce alla perfezione fisica, rendendo di conseguenza i disturbi del comportamento alimentare una valida scorciatoia per poterla raggiungere, dando voce alla vulnerabilità di un’autostima fragile che riversa sul corpo intollerabili colpe relative alle imperfezioni. 




L’adolescente, infatti, a seguito delle trasformazioni subite in pubertà, deve costruire una nuova immagine mentale del suo corpo annotando nella psiche tutti i cambiamenti a cui assegnerà un significato relazionale, sociale ecc., su cui fonderà i valori della nuova identità. La corretta elaborazione di tali cambiamenti puberali comporterà la creazione di una sana identità di genere ed individuale, ma quando ciò non accade il proprio corpo è percepito come ostile e per questo sbagliato e non in grado di mettere in luce “il Vero Sé”. Al di sotto della percezione corporea distorta potrebbero essere stratificati ulteriori fattori psicologici di rischio incentivanti l’utilizzo di pratiche restrittive (uso di lassativi, vomito indotto ecc.) tipiche dei disturbi del comportamento alimentare, quali:
  • Bassa autostima; 
  • Rimuginio, ossia il fare previsioni negative ed ansiose relative ad eventi futuri, in particolare il timore legato alla grassezza in anoressia che conduce all’avere previsioni negative relative al peso ed al grasso corporeo; 
  • Ruminazione: forma circolare di pensiero persistente, passivo, ripetitivo correlato ad eventi passati; in alcuni studi, la ruminazione in risposta ad eventi di vita è risultata essere caratteristica associata all’insorgenza della Bulimia;
  • Perfezionismo;
  •  Disregolazione emotiva, ovvero la capacità di regolare il proprio stato emotivo a seguito di eventi negativi.



Tutti questi fattori di rischio hanno le loro radici in qualcosa di ancestrale e primordiale per un essere umano, ossia lo stile di attaccamento che viene a determinarsi nei primi anni di vita di quest’ultimo in relazione al genitore. Difatti, uno studio sulla “Trasmissione intergenerazionale dello stile di attaccamento in soggetti con Disturbo dell’Alimentazione”, condotto a Lecce nel 2017, ha rilevato che pattern di accudimento genitoriale di madre e padre di pazienti con disturbo dell’alimentazione appaiono influenzare lo sviluppo di tali disturbi. Pertanto, vi è una trasmissione intergenerazionale, o meglio trigenerazionale, coinvolgendo nonni, genitori e nipoti con disturbo dell’alimentazione. E’ inoltre venuto fuori da questo studio che gli stili di attaccamento Insicuro/ansioso/evitante e quello Insicuro/ansioso/ambivalente in letteratura risultano essere specifici dei soggetti con disturbo dell’alimentazione.

DCA E ATTIVITA' FISICA

Il soggetto con quadro clinico di anoressia ritiene impossibile rinunciare all’attività motoria. Pertanto è importante fornire una corretta informazione educativa ed una formazione nei confronti dell’uso dell’attività motoria. Innanzitutto il soggetto va sottoposto alla valutazione funzionale rilevando i valori di: peso corporeo, altezza, composizione corporea, consumo massimale di ossigeno, capacità della forza con rilievo dei valori massimali relativi agli arti inferiori e superiori. L'obiettivo essenziale è l’incremento della massa muscolare attraverso il potenziamento e la tonificazione muscolare. Ciò consentirà un miglioramento della forza massimale e del consumo di ossigeno, in aggiunta a questo si otterrà un equilibrato recupero del peso corporeo e del metabolismo. Una educazione formativa nei confronti dell’attività fisica consentirà di fare compartecipare il soggetto, con piena coscienza sulla corretta qualità, intensità e modalità di allenamento. Un buon rapporto alimentare, seguito da un nutrizionista, produrrà un miglioramento dell’atteggiamento nei confronti del cibo e della nutrizione. Si otterrà così un migliore controllo del peso corporeo e si stimolerà la ricerca di cibi sani e gustosi. Ancora di più, si suggerirà in modo appropriato un moderato comportamento di iperattività fisica. Come tale, un adeguato controllo dell’apporto alimentare calibrato in base alle capacità funzionali acquisite, tarate con gradualità di intensità, eviterà eccessivi dispendi energetici. Il piano di trattamento prevede un follow up ( da seguire) che ha effetto di rinforzo motivazionale utilizzando i risultati ottenuti con il lavoro effettuato. 





La funzione principale dell’attività fisica è quella di riuscire a controllare il peso e la forma del corpo, ma in un sottogruppo di casi è anche quella di modulare le emozioni, in particolare l’ansia e la rabbia. Fare esercizio fisico per loro significa sottoporsi ad estenuanti sedute di attività aerobiche (ginnastica, danza, corsa) per diverse ore al giorno, tutti i giorni, con una disciplina rigidissima, intoccabile, perché non è più possibile rinunciare alla seduta quotidiana se non a prezzo di grandi angosce, e tutto questo non può che interferire con il resto della vita: non è facile infatti riuscire a trovare il tempo per studiare, lavorare, frequentare gli amici, se si deve contemporaneamente allenarsi per almeno due o tre ore al giorno. L'esercizio fisico eccessivo può indurre un'ulteriore soppressione del senso di fame innescando due effetti parimenti dannosi: da una parte rischia di alimentare un circolo vizioso che tende a mantenere, o peggiorare, dall'altra favorisce l'effetto digiuno che porta a un ulteriore deficit calorico-proteico e, quindi, ad un peggioramento dello stato di denutrizione.
Inoltre fare attività in condizioni fisiche precarie può essere molto pericoloso: nel migliore dei casi c'è il rischio di sviluppare danni muscolari ed articolari, nel peggiore collassi cardio-vascolari e morte per scompenso cardiaco.


Dott.ssa Angela Amato, psicologa clinica 
Dott.ssa Anna Di Gioia, psicologa clinica e terapista ABA
P.T. Fabio de Pinto Personal Trainer di 2° livello 

-AreaPsy-


BIBLIOGRAFIA 

L. Stuppia- Dispensa genetica dei disturbi alimentari 

L. Stuppia- Dispensa tratti complessi e tratti semplici 

M. Pesce- Dispensa Disturbi della nutrizione e del comportamento alimentare

“Contenuti metacognitivi sui disturbi alimentari e interazione con il perfezionismo, la bassa autostima e il rimuginio” di Sandra Sassaroli, Sara Bertelli, Luca Boccalari, Enrico Sangiorgi, Matteo Giovini, Carmelo Lamela, Daniela Rebecchi, Silvio Scarone, Piergiuseppe Vinai, Giovanni Maria Ruggiero, 2007;

L’Autostima allo specchio, a cura di Elena Riva, Francoangeli editore, Milano, anno 2007;

“Trasmissione intergenerazionale dello stile di attaccamento in soggetti con Disturbo dell’Alimentazione” di Valentina Borgia, Psicologa clinica ONLUS Salomè (Lecce) Veronica Vantaggiato, Psicologa, Psicoterapeuta ONLUS Salomè (Lecce) Rebecca Macrì, Psicologa, Psicoterapeuta ONLUS Salomè (Lecce) Rocco Melcarne, Psichiatra, Centro per la Cura e la Ricerca sui DCA (DSM, ASL Lecce) Caterina Renna, Psichiatra, PhD, Responsabile Centro per la Cura e la Ricerca sui DCA (DSM, ASL Lecce), anno 2017;

ACCADEMIA ITALIANA FITNESS


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