21 MARZO: GIORNATA DELLA POESIA

 21 MARZO: GIORNATA DELLA POESIA 

Il termine “poesia” deriva dal greco “pòiesis” e significa fare/creare. La nascita della poietica, risale all’antichità, antecedente la scrittura. Poietica in termini filosofici si traduce in attività dello spirito. L’origine specifica della poesia in termini storici è incalcolabile, la Grecia però fu una delle culture promotrici. Nel periodo ellenico infatti cominciano a nascere figure come gli Aedi o Cantori, figure equiparabili ad un poeta moderno ma con una inclinazione descrittiva verso le divinità greche. Prima dello sviluppo tecnologico della scrittura, le storie erano tramandate oralmente, quindi filosofi e poeti dovevano basarsi su lavori mnemonici ed oralità. L’opera Illiade e Odissea, attribuibile ad Omero, ad esempio, è un duplice poema tramandato originariamente tramite l’oralità. La scrittura sviluppata in forma poetica ci permette di scavare e comprendere il nostro mondo interiore, rappresentando la descrizione del nostro “essere nell’essere nel mondo”. 


Dal punto di vista aristotelico, la necessità per
un uomo di creare un “poeio” nasce dalla tendenza naturale di descrivere la realtà. Lo stesso Gramsci ci parla della filosofia di “senso comune”, presente in ogni uomo, ovvero il bisogno di sviluppare idee e riflessioni sul mondo circostante. Un grande valore alla poesia fu dato anche dalla cultura romana, Cicerone infatti attribuisce sacralità alla figura del poeta. Con il periodo romano le cose mutano anche grazie all’evoluzione tecnologica della scrittura, in questo modo la figura del poeta diventa intellettualmente molto alta e di rilevante importanza, nella società dell’epoca in questione. Nei secoli, grazie ai poeti, ci giungono “testimonianze emotive” di determinati periodi storici. Con l’avvento della lingua italiana sviluppatasi dal “volgare”, le “tre corone”, Dante, Petrarca e Boccaccio sono una importantissima testimonianza storico - emotiva dell’umanità. Essi testimoniano la linea temporale evolutiva della nostra lingua e dello sviluppo della società italiana. Petrarca nelle sue opere usa proprio come punto di riferimento se stesso, raccontando nei dettagli lo sgomento ed il terrore della peste che attanaglia il suo tempo. Esso con precisione ci parla della morte e della solitudine che quest’ultima genera, lasciando un vuoto incolmabile nella vita dell’artista. Boccaccio invece nelle sue “novelle” affronta un punto di vista del tutto sociologico, raccontando la società fiorentina del suo tempo, anch’essa attanagliata dalla morte e dalla peste.

 La Poesia come espressione

 Cos’è che ha sempre spinto gli autori a redigere poesie? E cos’è che spingerà sempre all’elaborazione di queste opere?

Si potrebbe pensare alla poesia come un testo che è la rappresentazione di un ascolto interno, intimo.
Chi la definirebbe un’arte, chi la percepisce come una stanza di rifugio. Chi ne fa catarsi e chi ne fa lavoro.

 La poesia amplia il raggio d’espressione dell’essere umano. La parola crea forme, dà la possibilità di far sentire un colore, e crea un ponte di giunzione tra chi scrive e chi, leggendo, si rivede e si sente parte di qualcosa. Perché poesia significa anche accogliere tanti modi d’essere, e far sentire gruppo anche chi pena la solitudine o il senso di diversità.

La poesia apre i mondi interni della persona e fa viaggiare in ogni dove, nonostante le non possibilità.

È forza, sentimento, gesto, cultura, tradizione ed espressione. È un mezzo accessibile per dare conforto, per riordinare i pensieri e snodare i sentimenti.

 


L’oggetto poetico è la “musa” greca che ispira la produzione poetica. L’oggetto d’ispirazione varia da autore ad autore, e molto spesso non è un elemento, ma una persona. Difatti l’amore è uno dei sentimenti che più vive nelle poesie: con le sue montagne russe emotive riesce a far spaziare dalla gioia dell’incontro, all’impetuosità della passione, fino allo struggimento dell’addio.

La produzione poetica, quindi, si fa messaggera di molteplici contenuti e sicuramente la libera espressione garantisce autenticità e personalità ai brani.


Scrivere poesie può far bene all’anima, così come può far bene al cuore.


“Dove una mancanza si fa consistenza e separatezza, lì c’è poesia!”

 La poesia è tra le più nobili forme di espressione, che sorge da un processo creativo, in cui il poeta può essere paragonato ad un artista che trasforma una tela bianca in un’opera d’arte con la varietà dei colori della sua tavolozza. La poesia, infatti, dà voce alla cosiddetta “insight”, ossia una intuizione mentale che consente a colui che scrive di esplicitare il proprio pensiero, attraverso una soluzione creativa. Oltretutto, essa rappresenta un valido canale di comunicazione, per cui una penna ed un foglio bianco divengono strumenti per far sì che il messaggio inciso sulla carta sia intriso di un significato pregante. La poesia è dunque figlia d’arte della Psicologia, in quanto il mondo interiore del poeta e l’introspezione vengono messi a nudo e offerti alla condivisione di migliaia di lettori. La motivazione che spingerebbe i poeti a comporre poesie andrebbe ricercata nei meandri più reconditi dell’animo umano, ossia in ferite ancora pulsanti, in dolori o come afferma Lacan in “fantasmi che arrivano da lontano e a cui diamo loro forma non plasmando materiali tra le mani, ma attraverso una tattilità a distanza, a mani libere.” E, sempre Lacan aggiunge “Dove una mancanza si fa consistenza e separatezza, lì c’è poesia.” Questi fantasmi motivazionali, nei secoli, sono stati vari, ma uno risulta reiterarsi nel tempo, nonostante i poeti abbiano scritto con, alla base, l’intenzione di lasciare alle future generazioni un monito da non dimenticare per non ripetere quegli orrori. 




La tematica, che, purtroppo, continuamente ricorre è la GUERRA. Essa è il fantasma che muove l’animo degli scrittori in versi  nella direzione di denuncia delle atrocità, basti pensare a Primo Levi che nel 1947 scriveva “Se questo è un uomo”, all’interno della quale mostrava la disumanizzazione operata da una guerra combattuta da un uomo che si ostinava a togliere la dignità alla persona che aveva dinanzi. Le parole contenute in questa poesia riecheggiano, purtroppo, ancora oggi e si fanno specchio delle vicende attuali internazionali traslate nei versi di Gianni Rodari del 1960, posti nella poesia intitolata la “Luna di Kiev”. In essa, Rodari afferma che siamo tutti figli dello stesso cielo ed invita l’uomo a mettere in atto una convivenza pacifica su questa terra, senza il bisogno di prevaricare, distruggere, conquistare maggior potere e deumanizzare chi è sul fronte considerato “Nemico”. Pertanto, la poesia, nell’eleganza dei suoi versi, si pone come ambasciatore di pace e per citare ancora una volta Lacan, essa si nutre in questo caso di mancanza di valori umani quali la fratellanza, la pace, l’umanizzazione di esseri simili ed al contempo di consistente desiderio intimo del poeta e del lettore di un grido unanime contro tali orrori e di una ribellione interiore ad un piano ordito dai potenti della Terra per meri interessi economici. La poesia è un monito da custodire, per far sì che non si giunga a considerare l’altro come un nemico, che altro non è che un essere umano inerme a cui è stata spezzata ingiustamente la vita, sotto le bombe esplose al cospetto della Luna di Kiev. 

Dott.re LorenzoTonelli, docente di musica e grafica pubblicitaria
Dott.ssa Mariastella Pinnella, laureata in psicologia clinica e della salute
Dott.ssa Anna di Gioa, psicologa clinica e terapista ABA

-AreaPsy-

BIBLIOGRAFIA:

·         Enthymema XXIV 2019 La poesia è una telegrafia Silvia Vizzardelli, Università della Calabria;

·         Identità e differenza, Martin Heidegger;

·         La Luna di Kiev, 1960 Gianni Rodari;

·         La Peste: colpa, peccato e destino della letteratura italiana. Anna Di Veroli;

·         Se questo è un uomo,1947, Primo Levi.

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