2 APRILE: LA GIORNATA DEI CUORI BLU
2 APRILE: LA GIORNATA DEI CUORI BLU
“Per alcuni sono strano. Per
molti son diverso. Ma io vi assicuro che sono solamente me stesso. […] Lo so che per voi è come un labirinto, ma
la soluzione non è cercare l'uscita…bensì aspettare pazientemente all'ingresso”.
Ma di cosa parliamo concretamente
quando facciamo riferimento all’autismo?
L’ Autismo, o meglio denominato
all’interno del manuale diagnostico DSM – 5 “Disturbi dello spettro autistico”,
è una sindrome comportamentale, biologicamente determinata, che include
compromissioni in differenti aree del neuro sviluppo. Esso può essere definito
una “disabilità permanente”, in quanto accompagna il soggetto nell’intero ciclo
di vita, anche se le caratteristiche del deficit sociale possono variare il
loro livello di espressività nel corso del tempo. Le aree maggiormente
compromesse sono quella linguistica e della comunicazione, quella sociale e
comportamentale. I deficit presentati sono persistenti nella comunicazione
sociale e nell’interazione, nei comportamenti comunicativi non verbali e
deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni, appropriate al livello di
sviluppo: nello specifico, il bambino evidenzia la mancanza di contatto
oculare, di iniziativa nell’interazione sociale con i pari e non, mancanza di
manipolazione e di utilizzo funzionale di giochi, mancanza di condivisione di
un gioco e di considerazione dell’altro durante l’interazione. Inoltre,
soggetti affetti da questa tipologia di sindrome, presentano comportamenti e/o
interessi ristretti e stereotipati; fondamentale, infatti, è per loro la
routine quotidiana e mostrano interesse verso attività o situazioni di gioco
con intensità e frequenza diverse rispetto ad un soggetto avente uno sviluppo
neurale normo tipico.
Due ulteriori aree compromesse
sono quella del linguaggio, poiché si evidenzia scarsa fluenza verbale ed un
linguaggio limitato e ristretto, e quella sensoriale, poiché viene mostrata
iper o ipo reattività agli stimoli sensoriali (vale a dire apparente
indifferenza al caldo o al freddo o al dolore, risposte avverse a suoni o
attrazioni per luci ecc.).
Quando si parla di Spettro
dell’Autismo, inoltre, si intendono quadri clinici situati lungo un continuum
che va dal basso funzionamento (Low functioning) all’alto funzionamento (High
functioning): in condizioni di basso funzionamento, spesso, la diagnosi avviene
entro i primi tre anni di vita, mentre in soggetti ad alto funzionamento, essa
rimane sconosciuta fino all’età scolare. Questi disturbi affondano la propria
eziologia all’interno di diversi fattori, ossia fattori genetici che uniti a
quelli ambientali illustrano la genesi della sindrome. Difatti, negli ultimi
anni, la scienza ha individuato nella genetica una notevole influenza di
fattori ambientali, poiché molti geni subiscono una azione regolatoria sotto
l’influenza di fattori ambientali, i quali contribuiscono allo sviluppo della
patologia.
La diagnosi rappresenta la punta
dell’iceberg di un complesso processo che include il lavoro di una intera
equipe multidisciplinare, composta da neuropsichiatra infantile, psicologo,
logopedista, terapista della neuropsicomotricità, educatore e pedagogista. Tale
processo diagnostico comincia con i sospetti dei genitori che nel corso dei
primi anni di vita del bambino hanno osservato varie anomalie e attraverso
bilanci effettuati dal pediatra o anche, se in età scolare, effettuati dagli
insegnanti, i quali operano in un contesto di osservazione privilegiato,
all’interno del quale il bambino potrebbe manifestare isolamento, impoverimento
linguistico e comunicativo, fissazioni relative ad oggetti o attività ecc. A
questi sospetti viene poi data una conferma, attraverso la somministrazione di
appositi test diagnostici, ossia strumenti standardizzati che aiutano il
clinico nella diagnosi (interviste semi strutturate somministrate ai genitori o
scale di gioco strutturate somministrate ai bambini). La valutazione potrà,
poi, essere integrata dalla somministrazione di test utili alla definizione
funzionale, quali VB- MAPP o ABLLS-R ecc., che consentiranno di stilare piani
di interventi riabilitativi specifici.
A tal proposito, pedagogicamente
parlando, non si può non fare riferimento alla c.d. Pedagogia Speciale: mentre
infatti la pedagogia generale risponde ai bisogni universali dell'educazione
dell'umanità, la pedagogia speciale cerca di rispondere ai bisogni c.d. “speciali”,
ossia tutti quelli che necessitano di un grado di attenzione particolare, e per
i quali il normale assetto sociale e culturale di un determinato contesto
antropico non è sufficiente a darne risposta. Essa, dunque, non è altro dalla
pedagogia generale, bensì ne è il complemento, in quanto cerca di ricalcarne la
logica: quella della crescita delle persone nelle migliori condizioni. È
proprio per questo che, soprattutto in un’ottica inclusiva piuttosto che
integrativa, la pedagogia speciale ha ampliato e approfondito il suo raggio di
interesse iniziando a guardare anche al disturbo dello spettro autistico. Se
infatti, inizialmente, i riferimenti erano l’ICD (International Classification
of Diseases) e l’ICIDH (International Classification of Impairement,
Disabilities and Handicaps), dal 2001 il riferimento diventa l’ICF, la
Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della
Salute, redatta dall’OMS e avente un approccio universale non più incentrato
sul concetto di malattia ma, piuttosto, che tiene conto per la prima volta di
fattori contestuali e ambientali: l’OMS, tuttavia, raccomanda l’uso congiunto e
complementare di ICD-10 (decima revisione) e ICF, in quanto il primo fornisce
una “diagnosi” delle malattie, dei disturbi o di altri stati di salute e questa
informazione si arricchisce delle informazioni aggiuntive offerte dall’ICF
relative al funzionamento.
In particolare, per quanto
riguarda l’autismo, il riferimento è sia all’ICD-10 dell’OMS, sia al DSM-V.
Ma come agire concretamente? Quali linee guida seguire?
Il metodo principalmente utilizzato è il METODO ABA, il ramo applicativo dell’Analisi del Comportamento, ossia la scienza che si occupa di fornire una MODALITÀ DI OSSERVAZIONE SCIENTIFICA dei comportamenti umani, di ciò che li determina e delle conseguenze che questi producono sull’ambiente e sul soggetto stesso. Anni di studi e ricerche hanno dimostrato l’efficacia del metodo ABA nel ridurre comportamenti disfunzionali e nel migliorare ed aumentare la comunicazione, l’apprendimento e comportamenti socialmente appropriati.
L’obiettivo del trattamento di un
bambino autistico con il metodo ABA, infatti, è quello di migliorare la sua
qualità di vita e le relazioni con gli altri. Basti pensare che il suo utilizzo
è suggerito dall’Istituto Superiore della Sanità nella Linea
Guida n. 21 “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei
bambini e negli adolescenti”.
Si tratta, dunque, di un metodo che
richiede del tempo in quanto la procedura di applicazione è graduale: il
comportamento, infatti, viene analizzato in base agli stimoli esterni ricevuti
e alle conseguenze. In particolare, possiamo individuare 3 fasi principali:
- § La prima fase, si basa sull’osservazione del comportamento del bambino autistico. L’obiettivo è studiare, oltre al comportamento, le reazioni del bambino agli stimoli esterni.
- § Successivamente, vengono analizzate le reazioni comportamentali del bambino autistico e delle persone che lo circondano.
- § Solo nella terza fase, quando è chiaro chi e cosa determina l’azione e reazione, il professionista inizierà ad attuare gli esercizi specifici per modificare il comportamento.
Alla luce di tutto questo, il metodo
ABA deve necessariamente essere applicato in maniera individuale, tenendo
conto delle caratteristiche del bambino e con la collaborazione tra figure
professionali specializzate, tra cui il logopedista, lo psicologo e gli
insegnanti e figure non professionali come genitori,
famiglia e amici.
Appare chiaro, quindi, che non
potremmo mai parlare di autismo senza fare riferimento alla famiglia che riceve
una diagnosi di autismo per il proprio figlio e a cosa questo significhi per
lei.
La disabilità è la discrepanza
tra le richieste dell’ambiente e la prestazione dell’individuo. Questa è la
definizione che ritroviamo nel sistema di Classificazione Internazionale del
funzionamento della Disabilità e della Salute.
Cosa accade nel nucleo familiare?
Ricevere la diagnosi che il
proprio figlio o fratello/ sorella abbia l’autismo, non è affatto semplice da
metabolizzare. Questo aspetto va a scompensare i normali equilibri dinamici che
si instaurano tra i membri del nucleo familiare: disadattamento e stress, infatti,
sono le conseguenze che si potrebbero osservare in famiglie con a carico
persone aventi disabilità. Per questo è molto importante che in parallelo,
oltre al lavoro che si va a svolgere con il bambino o ragazzo avente autismo,
si svolga un lavoro con la famiglia, per sostenerla nel lungo e arduo percorso
di adattamento alla disabilità.
A partire dagli anni ottannata,
l’istituto Walden ha elaborato un modello che tutt’oggi è utilizzato per il
lavoro svolto con famiglie di bambini e ragazzi con autismo. Il Modello in
questione si chiama “Ciclo di adattamento familiare alla disabilità”: esso
rintraccia quattro fasi distinte che i genitori possono affrontare e raggiungere:
- § Crisi: è la fase in cui la famiglia riceve la diagnosi che il proprio figlio è affetto da disturbo dello spettro autistico. Durante questa fase è molto importante fornire le informazioni nella maniera più chiara possibile, graduale, cercando di evitare di inondare la famiglia di informazioni e farla sentire ulteriormente confusa e disorientata. Spesso queste famiglie hanno girato diversi specialisti, raccogliendo informazioni discordanti alimentando in loro il caos. L’importanza di una diagnosi chiara è fondamentale per riorientare la famiglia e sostenerla nel suo percorso di adattamento;
- § Adattamento: in questa fase i genitori entrano in un processo di accettazione e consapevolezza della diagnosi, iniziando a domandarsi il significato della stessa e come affrontare i problemi che si manifestano quotidianamente con il proprio figlio;
- § Pianificazione: la famiglia ha accettato e sviluppato consapevolezza della diagnosi, per cui inizia a chiedersi cosa possono fare di più per il proprio figlio, al fine di aiutarlo ulteriormente nello sviluppo delle abilità motorie, cognitive e socio-emotive, cercando di assumere un ruolo attivo.
- § Attivismo: è la fase immediatamente successiva alla pianificazione, ed è caratterizzata da un atteggiamento proattivo verso il proprio figlio e anche il contesto sociale.
Il passaggio da una fase
all’altra non è così regolare e semplice come sembra. Le famiglie, ricordiamo,
sviluppano il loro adattamento in simbiosi con le fasi evolutive del bambino,
che ricordiamo essere autistico. Per cui, può accadere che la famiglia possa
evolvere regolarmente da una fase all’altra, possa restare stagnata per tanto
tempo su di una fase e sbalzarne ad un’altra, può regredire, così come può
progredire lentamente o velocemente.
Il compito dei professionisti,
infatti, è quello di sostenere la famiglia per affrontare al meglio ogni fase,
riducendo fattori di stress e difficoltà, promuovendo le risorse intrinseche
che la famiglia possiede, per mobilitarle nel percorso di adattamento. Al fine
di comprendere in che fase si trovi la famiglia e come monitorare tale ciclo, i
professionisti del settore prendono in considerazione l’intersecarsi di tre
fattori: cognitivi, emotivi e sociali. L'analisi di questi permette di capire
in che fase del ciclo si trova la famiglia, indagare risorse, limiti,
difficoltà e potenzialità da usufruire per permettere alla famiglia il miglior
adattamento possibile, riducendo i fattori di rischio che possono minare la
stabilità (per quanto possibile) del nucleo familiare.
BIBLIOGRAFIA:
-
Associazione pane e cioccolata, Valentina
Bandini, 2020.
- Manuale Aba Tecinici comportamentali, Alessandro
Frolli, Aracne editrice, anno 2020
-
C. Ricci et altri: “Il manuale ABA-VB Applied
behavior analysis and verbal behavior. Fondamenti tecniche e programmi di
intervento” Erickson (2014);
- LA FENICE, “Metodo ABA e autismo: in cosa consiste e come applicarlo correttamente”, https://www.lafeniceassistenza.it/metodo-aba-e-autismo-in-cosa-consiste-e-come-applicarlo-correttamente/
-
SCUOLA7, “L’autismo tra ICD e ICF”, Angelo
Prontera, https://www.scuola7.it/2017/037/lautismo-tra-icd-e-icf/
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