UN’ALTRA GENITORIALITA’

 UN’ALTRA GENITORIALITA’

Quando pensiamo alla famiglia inevitabilmente il pensiero corre alla genitorialità e a quella capacità genitoriale che comprende gli stili educativi e la crescita positiva dei bambini di cui sempre più spesso si parla. Tuttavia, questo argomento contiene in sé non solo le basi sulle quali nascono libri, articoli e corsi di laurea, bensì anche tematiche e aspetti concreti appartenenti alla quotidianità di ogni genitore di cui, però, molto più di rado si sente parlare.

Ma partiamo dal principio.
Come ci siamo sempre detti, il momento in cui la coppia scopre di aspettare un bambino è sempre la fotografia di una gioia mista a paure e preoccupazioni relative ad aspetti tutt’altro che facili da gestire e affrontare: gli equilibri vengono sconvolti, cambia il ritmo della giornata, il sonno notturno, gli spazi in casa, il rapporto di coppia e anche le relazioni col nucleo d’origine; spesso tutto ciò che ci si aspettava accadesse o che era stato programmato durante la gravidanza prende una piega diversa o inaspettata; i partner diventano non solo genitori ma indossano anche e soprattutto la veste di educatori e guide, ruolo che implica un’enorme messa in discussione in quanto i bambini ci pongono di fronte ai nostri limiti e alle nostre paure.

A fronte di ciò, importante è ribadire che non esistono manuali d’istruzioni per essere genitori perfetti contenenti magiche ricette di felicità per genitori e figli; al contrario, come afferma Winnicott, “Mi miglioro se penso di essere in grado di farlo e se sono sicuro di aver agito per amore e che qualsiasi ‘errore’ possa aver commesso non è altro che un pezzo, un frammento, una parte di un percorso in costruzione”. È proprio qui, infatti, che subentra la consapevolezza, ossia quella la capacità (che si acquisisce) di sapere chi siamo, cosa siamo in grado di fare, ottenere e dare e che cosa è possibile modificare per migliorarci (in quanto esseri umani, in generale, e genitori, nello specifico). Impegnarsi in questo difficile compito ha l’obiettivo di vivere più sicuri la propria genitorialità tenendo sempre presente che la sicurezza è un ingrediente fondamentale nella relazione e nell’educazione dei propri figli e, soprattutto, che non esiste un metodo uguale per tutti, per il semplice fatto che non esiste un essere umano uguale ad un altro. Ogni genitore, infatti, possiede dentro di sé la maggior parte degli strumenti per crescere positivamente i propri figli: è solo necessario essere disponibili a mettersi in gioco e in discussione in prima persona, calandosi nei panni dei bambini e rivivendo, attraverso loro, la propria infanzia. Spesso è principalmente questo lo scoglio maggiore da superare, soprattutto per i neogenitori. Ecco perché certamente utili possono risultare tutti i possibili strumenti da poter fornire ai genitori per favorire il loro cammino verso una genitorialità consapevole ed efficace, ma è importante, come professionisti del settore, non perdere di vista che ciò di cui realmente e principalmente hanno bisogno i genitori è l’ascolto, il tempo e una guida nel tirar fuori le proprie soluzioni. Ma, per far questo, hanno bisogno di avere fiducia in loro stessi, come persone e, soprattutto, come genitori.





LA MATERNITA'

Essere madre è un compito estremamente difficile che ha inizio con la felicità di un test di gravidanza positivo e non ha termine, perché non si smette mai di essere una mamma, nemmeno quando i figli o le figlie diventano genitori a loro volta. La Maternità è una fase del ciclo vita che investe la vita di una donna dal desiderare di avere un bambino, alla gravidanza, al parto, all’allattamento etc. Il desiderio di essere genitori, però, non investe solo la donna ma anche la figura maschile che diventerà il papà della nuova vita da accogliere. E’ pur vero però che gran parte del “lavoro”, specie nella prima fase, è attuato dalla figura materna, la quale si ritrova a fronteggiare la gravidanza e tutti i cambiamenti fisici che ne conseguono, il momento del parto, l’allattamento e dunque un vero e proprio accudimento fisico del neonato. Essere madri, dunque, comporta oggettivamente per la donna un maggior carico di lavoro, non solo per le fasi sopraindicate, ma anche per tutto il lavoro psicologico che precede e che segue al momento del parto, che si configura nella rappresentazione mentale del bambino, nella comprensione del concetto relativo al fatto che il neonato sia una persona a sé stante e non una estensione di sé o un oggetto narcisistico sul quale avere grosse aspettative parentali e nel coinvolgimento all’interno della diade madre-bambino della figura paterna, affinché si formi una triade (madre-bambino-padre). 

LA MATERNITA’ E LA SOCIETA’

La figura materna e quella paterna per definizione e per diversi secoli non hanno assunto pari dignità, difatti si tende sempre a pensare che il carico di lavoro incombente svolto dalla madre non possa essere paragonabile al ruolo di un padre. Si tende spesso a pensare che la figura paterna sia di serie B nel rapporto genitori-figli, ma in realtà, dagli anni ’80, fortunatamente è stata rivalutata all’interno delle famiglie l’importanza diretta di questa figura; ciò premesso consente di analizzare un contesto sociale che è ancorato ad una visione arcaica della donna, la quale, in un contesto familiare patriarcale era dedita totalmente ai figli e alla loro educazione. La maternità, dunque, il più delle volte, è sentita come una minaccia, specialmente a livello lavorativo, in quanto una gravidanza e ciò che ne consegue, in termini di business, per un datore di lavoro sono deleteri. Difatti, nell’ultimo secolo, la donna ha dovuto lottare per acquisire pari dignità lavorativa dell’uomo, ma vi è ancora tanta strada da fare dinanzi all’argomento maternità. La maternità è un diritto e come tale va rispettato!

Si è riscontrato, purtroppo, che essa incide in modo fortemente negativo sull’occupazione femminile in Italia. Secondo i dati istat, nel nostro paese il 73,8% degli inattivi è costituito da donne, e i due terzi di queste sono mamme, mentre i tassi di occupazione femminile sono tra i più bassi in Europa. Alla luce di tale quadro, come accennato, l’ultima riforma del mercato del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, dedica, nel D.lgs. n. 80 del 2015, in tema di conciliazione tra vita professionale e vita privata particolare attenzione alla tutela della maternità, ritenendola aspetto primario per favorire la promozione dell’occupazione femminile. La maternità è stata, pertanto, recentemente posta al centro delle politiche governative volte a favorire l’incremento dell’occupazione femminile. Con il Jobs Act il Legislatore interviene prevedendo: da una parte, l’estensione del campo di applicazione delle lavoratrici tutelate, dall’altra rendendo il congedo di maternità più flessibile nel suo utilizzo. Dunque, viene previsto che i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al congedo di maternità dopo tale evento, anche se la somma tra i due periodi oltrepassa il limite dei 5 mesi previsti per il congedo. Improntato sempre a consentire una maggiore flessibilità nell’utilizzo del succitato congedo di maternità è il nuovo art. 16 bis, Rinvio e sospensione del congedo di maternità, che consente alla lavoratrice di sospendere il periodo di astensione obbligatoria, in caso di ricovero del neonato in una struttura ospedaliera pubblica o privata, e di godere del congedo in tutto o in parte dalla data di dimissione del bambino (ovviamente previa idonea attestazione della compatibilità tra lo stato di salute della madre e la ripresa dell’attività lavorativa). Tuttavia, tale facoltà può essere esercitata una sola volta per ogni figlio. Nell’obiettivo, poi, di una totale equiparazione tra genitorialità naturale e genitorialità acquisita, l’art. 4 del decreto in commento, modifica l’art. 26, relativo al congedo di maternità, in caso di adozione e affidamento, prevede la stessa applicazione della norma. Le beneficiarie dell’indennità per il periodo di congedo di maternità, non sono soltanto lavoratrici dipendenti, ma anche le autonome e le imprenditrici agricole. Nonostante la flessibilità normativa in termini di congedo parentale, in Italia la partecipazione al lavoro delle donne con figli è inferiore a quella delle donne senza figli, qualunque sia l’età dei figli, e la partecipazione si riduce ancor più quando i figli sono più di uno.



Come conciliare lavoro e cura della Famiglia?

La conciliazione delle due attività relative al lavoro e alla cura della famiglia può essere favorita dall’utilizzo di strategie concrete che consentono un alleggerimento e non un aggravio di stress, identificabili in aiuti esterni e terzi, siano essi servizi pubblici o privati oppure supporti intergenerazionali (nonni). Sotto questo punto di vista la posizione dell’Italia non è affatto brillante e all’avanguardia. Infatti, la percentuale di bambini sino a 3 anni che frequentano un asilo (pubblico o privato) è aumentata dal 3% all’11%, ma resta ancora del tutto inferiore all’obiettivo del 33% fissato dalla Commissione Europea e ai livelli raggiunti dalla maggioranza dei paesi europei, anche se vi sono notevoli differenze tra le regioni centro-settentrionali e quelle meridionali. La posizione dell’Italia è notevolmente migliore per la frequenza delle scuole materne per i bambini da 3 a 6 anni, ossia del 95%. Ma la carenza di servizi per i primissimi anni di vita dei figli la si avverte in modo evidente, perché può costringere a lasciare il lavoro e il rientro è molto più difficile. È stato stimato, infatti, che se la disponibilità di posti negli asili nido raggiungesse il 33%, il tasso di occupazione femminile potrebbe crescere di circa 7 punti percentuali (Del Boca 2006). Di fatto, in Italia gran parte dell’aiuto per la cura dei figli è prestato dalla figura dei nonni, in particolare dalle nonne. Anche se l’aiuto dei genitori è molto più frequente quando le madri lavorano, l’abbandono del lavoro dopo la maternità risulta più frequente proprio per le donne che meno hanno potuto contare sull’aiuto regolare dei nonni, in quanto la scarsità dei servizi pubblici influisce ed i costi elevati dei servizi privati non consentono a tutti i bambini di accedervi. 

La maternità non deve essere per una donna una scelta in alternativa alla carriera lavorativa come appare esserlo attualmente, è importante comprendere che per una donna, così come per un uomo, il desiderio ed il diritto di diventare genitore non deve in alcun modo intralciare le proprie ambizioni, passioni ed aspirazioni. Nel momento in cui si diviene genitori non si è soltanto madri, ma si è anche donne, donne di carriera, donne con aspirazioni lavorative e non. La società ripone sulla donna uno stigma, che è quello di madre che in via esclusiva accudisce i propri piccoli, non consentendole di essere anche altro. E’ ciò che il contesto sociale si aspetta da una mamma, iniettando piccole dosi di ansia, sensi di colpa nei riguardi di suo figlio, qualora voglia dedicarsi al suo lavoro o alla cura di se stessa, non fornendole ulteriormente strategie di conciliazione. Tutto questo, aggiunto alla instabilità economica ed al precariato in cui si versa, conduce una donna, in alcuni casi, ad effettuare una scelta dolorosa, ossia quella di rinuncia della maternità. Nel secolo in cui viviamo, ci sono sempre meno nati ogni anno e ci sono sempre più donne che rinunciano a far fiorire una parte di se stesse.

LA PATERNITA'

Questo è un aspetto della genitorialità di cui si parla ben poco, seppur il ruolo del papà all’interno del sistema familiare è di fondamentale importanza per diversi aspetti:

  • Sostegno emotivo del partner durante la maternità;
  • Supporto nella riorganizzazione dei tempi, dello spazio e della logistica del sistema familiare all’arrivo del nascituro; 
  • Figura di riferimento fondamentale nella costruzione della personalità del bambino. 

Su quest’ultimo punto ci soffermeremo un attimo con più attenzione.

I primi mesi di vita, il bambino ha come figura principale di riferimento la mamma, costruendo un legame diadico e simbiotico che caratterizzerà il temperamento, il carattere e la personalità futura del bambino. Questo schema interattivo madre-bambino, verrà introiettato ed utilizzato come monito nella costruzione delle relazioni future interpersonali. 

La struttura di personalità, non è influenzata solo da questo unico fattore, ma anche da un altro aspetto: il legame con il papà. Da questo momento in poi, la relazione non sarà più diadica ma triadica e sino ad allora il papà resta in sordina. 

Nonostante i tempi siano maturati, il papà nel processo di sviluppo emotivo del bambino subentra successivamente intorno al primo anno di vita. Tempi addietro, però, la figura paterna rivestiva un ruolo di padre-padrone che provvedeva al sostentamento della famiglia in termini economici, mentre, la figura femminile era adibita esclusivamente alla cura della prole e della casa. Oggi le donne lottano ogni giorno per la propria indipendenza ed emancipazione, richiedendo una parità dei sessi non solo all’interno della coppia stessa, ma anche nel ruolo di madre e padre, andando a ricoprire le stesse mansioni, infatti, la figura paterna si è trasformata da affettivamente passiva ed autoritaria ad attiva e partecipante. 



Durante questo il primo anno di vita del bambino, spesso capita che i “papà” si sentano esclusi non solo dalla sfera delle proprie conoscenze affettive, ma anche dalla coppia stessa, andando a smontare gli equilibri di coppia precedentemente costruiti. Pertanto anche nei papà c’è un riassetto emotivo che ha come obiettivo il capire come rivestire la sua nuova posizione nel legame con il partner, che lo vede più coinvolto nel legame diadico con il bambino. Inoltre il neopapà, si ritrova a gestire il proprio turbine emotivo dovuto al rieditarsi dei legami primari che esso stesso ha costruito con la propria figura paterna, delle sue esperienze e storia di vita. 
Sono questi fattori a delineare il rapporto padre-figlio che si andrà a costruire. Per il bambino la figura paterna è di fondamentale importanza nel sentirsi desiderato, ascoltato e compreso nei suoi desideri, emozioni e richieste. L’affetto e il calore di un padre sono importanti per la costruzione di uno sviluppo efficace e positivo del bambino. 


Dott.ssa Maria Elena Losito, pedagogista familiare 
Dott.ssa Anna Di Gioia, psicologa clinica e terapista ABA
Dott.ssa Angela Amato, psicologa clinica 

-AreaPsy-

Bibliografia

A. BORTOLOTTI, “E se poi prende il vizio? Pregiudizi culturali e bisogni irrinunciabili dei nostri bambini”, Il Leone Verde

IL LAVORO DELLE DONNE, Emilio Reyneri;

"La maternità, dalla tutela alla valorizzazione. Un’analisi comparata" di Valeria Viale e Rosita Zucaro, 2016;

"Psicopatologia nell’arco della vita", Paola Benvenuti, 2007.

https://www.centronovamentis.it/essere-padre-limportanza-del-ruolo-paterno-nella-crescita-del-figlio/

https://aipgitalia.org/figura-genitoriale-paterna-e-danno-da-deprivazione/



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